RESCALDINA – Alle prime luci dell’alba dell’11 novembre i carabinieri della compagnia di Legnano, al termine di un’articolata attività d’indagine coordinata dalla procura di Busto Arsizio, hanno arrestato, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal tribunale di Busto Arsizio, due 20enni di nazionalità marocchinaritenuti responsabili dell’omicidio di un 25enne spacciatore marocchino, avvenuto a Rescaldina nel pomeriggio dello scorso 2 aprile.

Le indagini hanno avuto origine dal rinvenimento, ad opera dei carabinieri di Legnano, del cadavere di un uomo, non identificato e privo di documenti, colpito mortalmente da un’arma da fuoco in area boschiva notoriamente frequentata da spacciatori e tossicodipendenti. Dal confronto del volto del morto con le foto presenti nella banca dati delle forze di polizia i tutori dell’ordine sono risaliti alla sua identità, confermata nei giorni successivi dalla fidanzata della vittima. Quest’ultima dava le primissime chiavi di lettura sulla causa dell’omicidio legandola comunque alla guerra in atto tra bande rivali per la conquista delle piazze di spaccio all’interno del bosco del Rugareto.

Le successive attività investigative, svolte sia mediante intercettazioni telefoniche e telematiche che tramite l’ascolto di testimoni, hanno permesso ai carabinieri di identificare gli autori dell’omicidio, tutti irregolari sul territorio nazionale e senza fissa dimora. Di fatto quel pomeriggio il gruppo di aggressori armati di pistole e fucili, aveva fatto irruzione all’interno del bosco ed aveva assalito i rivali, che, avvertiti dal palo, stavano tentando di fuggire venendo comunque raggiunti da numerosi colpi di arma da fuoco.  La vittima veniva colpita mortalmente alla testa ed un 27enne veniva ferito di striscio alla testa ed alla gamba. Al termine dell’azione di fuoco, rimanevano sul terreno innumerevoli bossoli di diversi calibri tra cui alcuni utilizzati per carabine di precisione e fucili mitragliatori.

L’indagine, estremamente complessa fin dall’esordio dovendo identificare un cadavere senza avere riferimenti o traccia del suo passaggio nel territorio italiano, è stata resa difficoltosa proprio dallo status di clandestini di tutti i soggetti protagonisti della vicenda. Stessa difficoltà si è ripresentata nella fase della localizzazione degli indiziati, che trascorrevano gran parte del loro tempo all’interno del bosco a presidio dell’area di spaccio ed a custodia dello stupefacente, delle armi e del denaro. Nei rari momenti in cui si allontanavano, adottavano innumerevoli precauzioni avvalendosi da una fitta rete di fiancheggiatori connazionali e di clienti tossicodipendenti che si prestavano a qualsiasi tipo di servizio in cambio di una dose. Inoltre si appoggiavano in case di fortuna con contratti intestati a prestanome, utilizzavano cellulari con utenze fittizie e mezzi di trasporto a noleggio intestati a clienti.

Gli arrestati sono stati accompagnati al carcere di Busto Arsizio a disposizione dell’autorità giudiziaria.


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