SARONNO – Ha suscitato molto clamore a livello nazionale la notizia del professore di materie tecniche che ha ottenuto un risarcimento per danni morali dopo essere bullizzato in più occasioni da uno studente che, nell’episodio più eclatante, è arrivato a insultare e spintonare il docente a causa di un brutto voto. Il tribunale di Sondrio ha stabilito il ragazzo, ora maggiorenne e i genitori paghino 14.500 euro per i danni morali inflitti al docente (che ha lasciato l’insegnamento) e rimborsino le spese processuali.

Ad assistere il docente sono stati gli avvocati saronnesi Giuseppe D’Elia e Marta Gilli che ilSaronno ha intervistato per conoscere i diversi aspetti ed implicazioni della vicenda.

Che cosa è accaduto di così grave da comportare una condanna al risarcimento dei danni morali in favore del professore?
“Il professore è stato vittima di reiterate molestie, per l’intero anno scolastico, da parte di questo studente diciasettenne, il quale era solito, ad esempio, cancellare quello che il docente scriveva alla lavagna, spegnere il computer del docente, lanciargli addosso palline di carta, emettere versi animaleschi non appena il docente si girava verso la lavagna.
Lo studente, invero, teneva questi comportamenti nei confronti di molti docenti e, infatti, aveva molte note disciplinari sul registro di classe da parti di diversi professori; ma nei confronti del nostro assistito si accaniva in modo particolare. Alcuni compagni di classe hanno raccontato: “Ho visto in numerose altre occasioni lo studente prendersela con il docente, approfittandosi del fatto che l’insegnasse non reagisce alle provocazioni”.
Di tutti questi plurimi episodi, quattro, in particolare, sono stati portati all’attenzione della autorità giudiziaria, sia in sede penale che in sede civile”.

Di cosa si trattava esattamente?
“Il primo degli episodi più rilevanti è quello più noto, dell’ottobre 2015, filmato da un compagno di classe e diffuso su WhatsApp e, poi, da ignoti sul web, in cui si vede il professore sostanzialmente aggredito e insultato dallo studente, che addirittura gli scaglia in faccia un quaderno, lo spinge fino a farlo barcollare, gli impedisce di raggiungere la cattedra e, non ripreso dal video, lo studente pure scriverà con il gesso sulla borsa del docente la frase molto offensiva.
La diffusione in internet del video provocava, ovviamente, l’indignazione di molti e l’interesse dei quotidiani locali, che daranno ampio risalto alla notizia. E a causa del clamore della notizia, gli agenti della locale questura si recarono a scuola per assumere informazioni sull’accaduto e, qualche giorno dopo, il professore sporgerà, su nostro consiglio, formale querela/denuncia.
Il Consiglio di classe, nonostante la gravità dei fatti, si limitava a sanzionare lo studente solo con una sospensione di 15 giorni dalle attività scolastiche e, poi, faceva sottoscrivere allo studente e ai suoi genitori un “patto di corresponsabilità”, sollecitandoli ad occuparsi dell’educazione del figlio e a monitorare i suoi comportamenti a scuola”.

Una strategia non risolutiva…
“Nonostante le denunce, il patto di corresponsabilità, la sospensione disciplinare, nel mese di febbraio accadrà un altro spiacevole episodio. A seguito di una nota di classe, lo studente pretendeva che il professore la cancellasse, minacciandolo altrimenti di fargliela pagare, “spezzandogli le gambe”. E, anche per questo episodio, il professore, su nostro consiglio, sporgerà nuovamente formale querela/denuncia.
E, ancora, l’ultimo grave episodio è del maggio 2016, quando lo studente, ormai divenuto maggiorenne, durante un compito in classe, apostrofava il professore con parolacce e, poi, si allontanava dalla classe senza autorizzazione”.

Come mai, nonostante questi comportamenti così gravi, la reazione dell’istituzione scolastica è stata solo quella di una sospensione di 15 giorni?
“In realtà, il primo problema che abbiamo dovuto affrontare è stato proprio l’indifferenza dell’istituzione scolastica rispetto a quanto accadeva ai danni di un professore. Il professore non era per nulla supportato dal dirigente scolastico del tempo (ora è altra persona); ed anzi, il dirigente scolastico – e questa sembra pure un beffa – aveva contestato al professore, con una nota di richiamo, di aver sporto querela nei confronti dello studente minorenne “senza averla previamente consultata”, sostenendo l’inopportunità delle querele, in quanto foriere di ripercussioni negative sul percorso educativo dello studente. E, addirittura, invitava il professore a riflettere sul proprio operato e a ricercare strategie relazionali più stimolanti e coinvolgenti per gli allievi. Insomma, il dirigente scolastico, invece di difendere il professore dalle molestie dello studente, lo accusava di essersi rivolto alla Questura. Le ragioni di questo accanimento del dirigente scolastico nei confronti del professore non sono mai state indagate. Sembrerebbe che avvessarsse le denunce/querele del professore, perché portavano all’attenzione della Questura le magagne che, in realtà, accadevano nel “suo” istituto scolastico, così minando l’immagine idilliaca che, invece, il dirigente scolastico voleva diffondere. Per costringere il dirigente scolastico a cambiare atteggiamento e tutelare il professore abbiamo dovuto fare ricorso al Ministero dell’Istruzione, innanzitutto, contestando la legittimità della nota-richiamo mossa al professore e, poi, invitando il Ministero e il Dirigente scolastico ad assicurare al docente un ambiente di lavoro salubre, difendendolo dalle aggressioni dello studente. Dopo una breve istruttoria interna, il dirigente scolastico tornò sui suoi passi, sostenendo che non si trattava di una nota disciplinare, ma di “meri consigli” rivolti al professore per aiutarlo a migliorare le sue modalità di insegnamento”

Quindi, c’è stato anche un procedimento penale per quanto accaduto?
“Sì, certo, a seguito delle denunce che abbiamo fatto presentare in Questura, lo studente è stato sottoposto a procedimento penale, innanzi al tribunale per i minorenni di Milano, e ha ottenuto la messa alla prova”

Raccontateci del procedimento civile, so che ha avuto molta risonanza non solo sui quotidiani, ma anche sulle riviste giuridiche: perché è così importante la sentenza del tribunale di Sondrio?
“Il danno subito dal professore è stato significativo: non solo ha dovuto subire le angherie dell’alunno per tutto l’anno scolastico, perché abbandonato e non sostenuto dalle istituzioni scolastiche; ma l’esperienza è stata per lui traumatica, tanto da decidere di abbandonare l’insegnamento e di intraprendere altra carriera.
Il tribunale di Sondrio, accogliendo le nostre tesi, ha affermato la responsabilità non solo dello studente, quale autore materiale delle condotte illecite, ma anche dei suoi genitori, benché il figlio fosse quasi maggiorenne: e questo è già uno degli aspetti più significativi della sentenza.
Inoltre, il tribunale, condividendo le nostre riflessioni, ha affermato altresì la totale inadeguatezza dell’educazione impartita dai genitori, ravvisando nelle condotte dello studente il dolo, cioè la volontà di recare danno al docente.
Per questi motivi, il giudice ha condannato lo studente, oggi maggiorenne, e i suoi genitori a risarcire al professore il danno morale, quantificandolo in 14.500 euro, oltre alla rifusione di complessivi 6.000 di spese legali.
La sentenza è abbastanza equilibrata e ben scritta, anche se avrebbe potuto, vista la gravità dei fatti, concedere una somma maggiore, tenendo conto anche del delicato contesto nel quale sono accaduti i fatti. Ci piace, infatti, ricordare, e lo abbiamo citato anche in giudizio, una frase di Piero Calamandrei (Scuola e democrazia, 1956), che riassume l’importanza delle istituzioni scolastiche: “La coscienza dei cittadini è creazione della scuola; dalla scuola dipende come sarà domani il Parlamento, come funzionerà domani la magistratura: cioè, quale sarà la coscienza e la competenza di quegli uomini che saranno domani i legislatori, i governanti, i giudici del nostro Paese”.

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