BARLASSINA – “È un momento di grande significato e di grande commozione quello che abbiamo vissuto sabato pomeriggio, con la posa di una Pietra di Inciampo a ricordo del nostro concittadino Achille Tagliabue. Per certi versi un momento di cui avremmo volentieri fatto a meno, avrebbe significato non aver avuto alcun barlassinese deportato e che non aveva fatto ritorno. Purtroppo la storia ci ha consegnato un’altra realtà e abbiamo commemoratodoverosamente e con affetto Achille, uno di noi, che i più anziani ancora ricordano, che, giovane soldato, fu catturato nel 1943 a Fiume, deportato in Germania e morì nel campo di Dora il 4 febbraio 1944 dopo mesi di stenti e duro lavoro”. Così il sindaco di Barlassina, Piermario Galli, sulla cerimonia che si è tenuta lo scorso fine settimana in paese.

Questo ricordo, certamente doloroso, ci offre lo spunto per alcune riflessioni che ci proiettano nel presente e nel futuro e che ce lo rendono meno “pesante” se così si può dire. Provo a sintetizzare queste riflessioni e le emozioni di oggi in tre parole: memoria. Noi abbiamo il dovere della memoria!Da decenni noi italiani ed europei viviamo in pace, ma non possiamo e non dobbiamo dimenticare che questa pace è scaturita dall’immane tragedia della Seconda guerra mondiale, quella tragedia che è costata la vita ad Achille e a decine di migliaia di giovani come lui. Dopo quell’abisso di male, partì però quel processo di pacificazione e unificazione europea di cui noi godiamo tutt’ora ed è per questo ancora più doveroso ricordare chi non è arrivato a vedere questi giorni.

Eredità. Achille ci consegna oggi un’eredità da far fruttificare e la consegna soprattutto aigiovani, ai suoi nipoti e pronipoti, e a tutti ragazzi. È un’eredità che ci parla di senso del dovere, quello che lo portò ripetutamente a servire la Patria come soldato, e un’eredità che ci chiama ad essere costruttori di pace, quella pace di cui lui e tanti suoi coetanei all’inizio del Novecento non poterono godere. Come ha ricordato solo pochi giorni fa il presidente Sergio Mattarella, caricandosi sulle spalle l’onere di un secondo mandato, anche oggi è tempo di responsabilità e di non sottrarsi ai doveri a cui si è chiamati, e io credo che davvero uno dei massimi doveri di questa nostra epoca sia quello di gettare ponti, creare unità, appunto costruire pace.Lo possiamo fare tutti, in famiglia, a scuola, sul lavoro, tra vicini, lavorando insieme per una comunità fondata sulla comprensione e sul reciproco aiuto, piuttosto che sulla lamentela e le contrapposizioni, cercando ciò che unisce, non ciò che divide. E arrivo così alla terza e ultima parola strettamente connessa con la parola pace:

Riconciliazione. Inutile nascondersi che la giornata di oggi porta con sé anche il rischio di riaprire ferite, di trascinarci nell’ odio per i carnefici di allora e proiettarlo sugli eredi di oggi, alimentando rancore.Tuttavia, se da un lato è assolutamente doveroso rifuggire da ogni tentazione revisionista ed è necessario chiamare bene il bene e male il male, il ricordo di oggi avrà tanto più valore quanto più ci aiuterà a riconciliarci con ciò che di tragico è accaduto, a non farci schiacciare dal passato, ma diventerà seme e impegno per costruire un presente e un futuro di unità e solidarietà. Permettetemi di chiudere con una citazione di Elie Wiesel, ebreo superstite della Shoah, premio nobel per la pace e autore di numerosi scritti: “Poiché ricordo, dispero. Poiché ricordo, ho il dovere di respingere la disperazione”.Davvero questo momento di ricordo, pur con tutto il suo carico di sofferenza, ci aiuti a mantenere vive speranza e fiducia.

(foto: i presenti alla cerimonia col sindaco Piermario Galli)

07022022

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