SARONNO – Ha patteggiato l’imprenditore saronnese al centro del caso di bancarotta fraudolenta scoperto dalle indagini dei finanzieri della Compagna di Saronno.

Nelle ultime ore le fiamme gialle del comando provinciale di Varese hanno notificato la devoluzione alla curatela fallimentare degli importi di denaro sottoposti a sequestro cautelare nel corso delle indagini preliminari in materia di bancarotta fraudolenta eseguite nei confronti di una srl del Saronnese.

Nel procedimento penale seguito all’esito delle investigazioni svolte dai militari della compagnia di Saronno, il tribunale di Busto Arsizio ha emesso la sentenza di applicazione della pena (patteggiamento) nei confronti di un imprenditore socio e amministratore di un’impresa saronnese attiva nel settore delle riparazioni di carrozzerie di autoveicoli, ravvisando la rilevante gravità del danno patrimoniale al ceto creditorio con costituzione di un passivo superiore a 5 milioni.

In particolare, l’imprenditore è stato giudicato colpevole dei reati di bancarotta fraudolenta e condannato ad anni 2 di reclusione con la sospensione condizionale della pena.

Gli elementi raccolti durante le indagini di polizia economico-finanziaria, coordinate dalla procura della Repubblica di Busto Arsizio, attraverso l’esecuzione di accertamenti bancari su diversi soggetti, fisici e giuridici, nonché analisi di tabulati telefonici, intercettazioni telefoniche, acquisizione di documenti, audizioni di persone informate sui fatti, avevano consentito, da un lato, di ricostruire il progetto messo in atto dall’indagato negli anni per dissimulare lo stato di crisi dell’azienda e ritardarne il fallimento, con grave pregiudizio dell’erario e dei creditori sociali e, dall’altro, di eseguire nel 2022 un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti del medesimo, con contestuale sequestro di disponibilità finanziarie per un ammontare complessivo fino a concorrenza di oltre 500 mila euro, nonché diverse perquisizioni locali e domiciliari.

Nello specifico, gli amministratori, dopo aver spogliato la società del suo patrimonio immobiliare, confluito in una holding di famiglia, avevano accumulato negli anni ingenti debiti con l’erario e con i dipendenti, per i quali non versavano le quote della previdenza complementare trattenute in busta paga. Nel contempo, gli stessi utilizzavano le risorse aziendali per pagare a sé stessi i compensi da amministratori e per eseguire pagamenti preferenziali, mentre un intero ramo d’azienda veniva distratto a beneficio di una società di nuova costituzione.

Con la recente sentenza di applicazione della pena è stata ordinata la confisca e la devoluzione alla curatela degli importi di denaro già sottoposti a sequestro e l’imprenditore ha nel frattempo risarcito la curatela con la sottoscrizione di separato accordo transattivo ed il versamento di 350 mila euro. L’attività di servizio si inserisce nella costante azione svolta dalla Guardia di Finanza a contrasto dei comportamenti illeciti che minano la trasparenza del mercato, a danno del sistema economico e imprenditoriale, nonché delle casse dello Stato.


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